venerdì 31 ottobre 2008


MIX TAPE: L'arte della cultura delle audiocassette [a cura di Thurston Moore - Isbn Edizioni - 98 pgg. - 2oo8] Thurston Moore è (al di là della facile mitologia da liceale che ha appena scoperto il feedback) davvero uno dei musicisti che stimo di più. Anzi, io gli voglio proprio bene! Così anche quando ero sotto il palco, a pochi metri da lui - e i Sonic Youth rifacevano Daydream Nation non proprio con l'intensità che speravo - era un piacere vederlo suonare. Tutto concorre a farmi credere che è uno degli appassionati di musica più sinceri e agguerriti che ci siano sulla faccia della terra. Uno che si sbatte, che aiuta gruppi (vedi Pavement, Boredoms, Nirvana, Beastie Boys, Bikini Kill), e compra ancora tonnellate di dischi come non molti altri cinquantenni. In tutte le interviste che ho letto/visto parla di qualunque cosa con lo stesso trasporto da tredicenne: dal jazz, a Glenn Branca, alla passione per l'hardcore, a quando vide i Suicide da ragazzino, alle fanzine punk, ai Public Enemy, ai primi passi con gli Swans, a Blixa Bargeld - insomma: tutto, tutto quello che riguarda la musica che ama o ha amato sembra essere la sua principale ragione di vita, e la vita lo ha premiato, e un tredicenne -il più alto della classe- lo sembra ancora! Questo libro mi è stato regalato da un mio amico all'ultimo compleanno ed è ancora sul mio comodino. Non perchè non voglia saperne di finirlo, ma perchè ci ritorno spesso per osservarne i particolari più microscopici. Tante testimonianze (lo stesso Moore... Matt Watt, Richard Kern, John Zorn, Tony Conrad, Slim Moon e Tobi Vail, Jim O' Rourke etc. ) sulla K7-culture; alcune appassionate, altre per la verità un po' frettolose. Ognuno parla del suo nastro, assemblato con passione e canzoni importanti. Registrato semplicemente per se stessi... o ricevuto, o da regalare ad amici e amanti. Un centinaio di caleidoscopiche pagine di BELLISSIMI artworks realizzati amorevolmente dai compilatori stessi, (molto ma molto meglio del 99% della schifo di copertine che hanno i dischi di oggi) e ripescati probabilmente da qualche scatolone per l'occasione. Sfogliarle vuol dire anche sentirsi addosso una sorta di Mal d'Africa che in un secondo riporta indietro alle mille notti estive a letto, col walkman nelle orecchie e un rapporto davvero "intimo" con le voci, i suoni, le sfumature nascoste di una canzone, di un disco. Un'epoca già da secoli soppiantata dall'avvento del gelo di mp3 e ipod e forse per questo già oggetto di studio. Strano pensare che i quindicenni di oggi si disferanno con un semplice click dei loro dischi preferiti, non appena diventeranno degli yuppies senza cuore, e che di essi non rimarrà traccia. Inevitabile che in breve passino alla cocaina.