BACHI DA PIETRA - Tarlo terzo [11 TrX CD - 44'.1o'' - Wallace Records - 2oo8] Continuano a scolpire nel rumore il loro suono secco di "legni vuoti e pieni" i Bachi da Pietra. Si portano dietro l'eredità di un grande gruppo del passato recente, i Madrigali Magri [3 dischi - Lische, Negarville, Malacarne - uno più bello dell'altro.] - cuore dei quali proprio Giovanni Succi. Alla sua chitarra - e suo parlato/sussurrato, si affianca come contraltare ideale, l'instancabile Bruno Dorella [fu-Wolfango e attualmente sempre in pista anche con OvO e Ronin] alle percussioni (pardon, "doppia pelle e metallo"). "Tarlo terzo" è un disco fatto di suoni caldi e impastati. Implosioni. Screziato da piccole increspature e riverberi che recano le impronte digitali degli autori, senza possibilità d'errore. Mestiere che paghi per fare, Per la scala del solaio, Seme nero, Lui verrà, Andata... - ecco altre canzoni (sì, una volta tanto è il caso di dirlo) che chiedono (e ottengono) attenzione in un niente; logico compimento di un percorso appassionato, da parte di uno di quei rari gruppi che da queste parti ancora sembra non aver perso ispirazione o cura della propria musica. Iniziano con Servo, che mi fa pensare a Die Interimsliebenden degli Einstürzende riarrangiata dagli Swordfishtrombones di Tom Waits; per il resto il solito incubo blues cittadino e ballate a tinte scure, sempre falcidiate da fruscii e silenzi ansiogeni. Ma con alcune novità di rilievo (I Suoi Brillanti Anni Ottanta, ad esempio). Così il Loro lavoro migliore, "Non io", ha trovato chi lo segue di poco, pochissimo.
lunedì 8 dicembre 2008
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12/08/2008