Il ritorno del Principe [di Roberto Scarpinato & Saverio Lodato Ed. Chiarelettere] Dopo la schiacciante vittoria alle elezione della coalizione di gente che ha sfacciatamente celebrato la figura di Vittorio Mangano non serve neanche più forse prendersela con il conflitto di interessi, il Drive-in e i babbei che non dicono più cose di sinistra. Fra tutti gli appelli contro il collasso volgare e arrogante della realtà italiana il più impietoso in cui ci era capitato di imbatterci negli ultimi mesi è stato senz’altro quello lanciato accoratamente del giudice antimafia Roberto Scarpinato nel corso della presentazione a Roma di uno dei tanti libri di Marco Travaglio. Ora gran parte dei temi esposti in quell’intervento vengono raccolti e approfonditi all’interno de “Il Ritorno del Principe” libro che, potrebbe benissimo essere ritagliato honoris causa sulla figura del Berlusca, ma che invece de il Caimano non parla quasi nemmeno più, tendendo invece ad allargare la visione d’insieme sulla perenne simbiosi con la corruzione che caratterizza tutta la tradizione culturale del nostro paese. Mentre negli altri stati europei infatti la criminalità non fa storia, riguardando solo le fasce meno integrate e acculturate della società, in Italia la storia nazionale è inestricabilmente intrecciata con quella della criminalità di settori significativi della sua classe dirigente, tanto che in taluni tornanti essenziali non è dato comprendere l’evoluzione dell’una senza comprendere i nessi con la seconda. In un contesto culturale che ha colpevolmente celebrato i principi violenti e di sopraffazione di Machiavelli l’abolizione della selezione per meriti è stata definitivamente sostituita da quella per cooptazione collusiva e per fedeltà dall’alto che ha creato una società di sudditi cortigiani e giullari riportando indietro l’orologio della storia e precludendo alle classi subalterne qualsiasi possibilità di riscatto sociale e resettando ad una gestione clientelare l’utilizzo dispersivo e rapace di tutte le risorse destinate allo sviluppo. Con una precisione e una profondità impressionante Scarpinato ripercorre la secolare propensione al crimine e all’impunità di una classe dirigente che a differenza di qualsiasi altro paese occidentale non è stata mai scalzata da nessuna trasformazione sociale e anzi ha continuato a plasmare su sistemi di vassallaggio medievale tutto il ricambio generazionale del sistema dell’amministrazione. Passando per Giolitti, le vicende di Salvatore Giuliano, le stragi di stato e i furbetti di quartiere l’ex collaboratore di Falcone fornisce un quadro desolante di tutta la penisola, prospettando gli scenari più drammatici per il futuro del paese destinato a trasformarsi in una sorta di grande emporio del Mediterraneo, porto franco per tutti gli altri paesi produttori e in cui la forbice tra nord e sud si divaricherà impietosamente. Gli attacchi alla legalità e alla Costituzione di questi anni, non possono che accelerare questo processo. Anche solo girando su internet (o andando al cinema... il Divo) è fortunatamente possibile trovare informazioni e prospettive anche più disarmanti di questo libro. Lo snodo cruciale ormai rimarrà solo nel modo in cui si reagirà una volta che li si è lette. Giusto per non trasformare questo filone di Travaglio, Gomez etc. etc. in un mero genere letterario destinato a una fascia di mercato come le altre. L’esempio del ragazzo di Gomorra che alla fine del film decide di rinunciare affranto al destino lucroso di smaltitore di rifiuti per la camorra è illuminante. W i pizzettai. [by Federico Immigrato e Rifugiato]